Se avete intenzione di sottoporvi a fecondazione in vitro (FIVET), potreste aver già sentito parlare di questa tecnica. La diagnosi genetica preimpianto (PGD) è un test utilizzato per rilevare se gli embrioni creati durante la fecondazione in vitro presentino disturbi genetici o anomalie cromosomiche. Il test viene eseguito prima dell’impianto, in modo che gli embrioni possano essere accuratamente selezionati per evitare che certe condizioni genetiche vengano trasmesse al bambino.

 

Concetto di test di diagnosi genetica preimpianto

 

Spesso la diagnosi genetica preimpianto viene confusa con lo screening genetico preimpianto (PGS). I due termini, infatti, dovrebbero essere differenziati l’uno dall’altro. Come per la PGD, il PGS consiste in uno screening per diagnosticare malattie genetiche prima che gli embrioni vengano trasferiti nell’utero. Tuttavia, mentre la PGD serve per diagnosticare un disturbo specifico, lo screening genetico preimpianto viene utilizzato per determinare se esiste un numero anomalo di cromosomi (ci sono 23 coppie in totale).

Per esempio, le persone con Sindrome di Down (Trisomia 21) posseggono una terza copia del cromosoma 21, invece di due. Quelli con la sindrome di Edwards posseggono una copia in più del cromosoma 18.
Sia la diagnosi genetica preimpianto che lo screening genetico preimpianto possono aumentare le possibilità di dare alla luce un bambino sano.

Diagnosi genetica preimpianto: a chi è consigliata?

Tutte le coppie che vogliono concepire un bambino tramite fecondazione in vitro e non vogliono trasmettere condizioni gentiche al proprio figlio possono sottoporsi alla diagnosi genetica preimpianto (PGD). Questa tecnica verifica oltre un centinaio di disturbi o patologie genetiche come la fibrosi cistica, la Sindrome di Down, la Sindrome di Turner, la Malattia di Huntington o la Sindrome dell’X Fragile.
La PGD è generalmente raccomandata quando uno (o entrambi) i genitori biologici sono a conoscenza di precedenti disturbi genetici nella propria famiglia. La diagnosi genetica preimpianto è anche consigliata nel caso in cui uno dei due partner sia portatore o portatrice di disturbi cromosomici.

Anche l’età della madre è importante, poiché l’invecchiamento degli ovuli mostra un aumento del tasso di anomalie cromosomiche. Le donne di età superiore ai 35-38 anni sono considerate ad alto rischio di trasmissione di disturbi genetici come la Sindrome di Down o la fibrosi cistica al proprio bambino. Vi sarà consigliato di effettuare la PGD anche se avete sostenuto numerosi aborti spontanei, poiché le anomalie cromosomiche possono aumentare il rischio di perdita della gravidanza.

Diagnosi genetica preimpianto: come funziona?

Il processo viene intrapreso dopo che gli ovuli sono stati rimossi dall’utero della donna e fecondati con lo sperma del partner (o quelle di un donatore) in un laboratorio. La PGD si verifica prima dell’innesto degli embrioni nell’utero della donna. Cinque o sei giorni dopo la fecondazione, gli embrioni si dividono in centinaia di cellule. Gli embrioni vengono chiamati, a questo stadio, blastocisti.

Le quattro fasi principali della diagnosi genetica preimpianto sono:
1. Alcune cellule vengono raccolte dagli embrioni di 5-6 giorni di età.
2. Il DNA di ciascuna cellula rimossa viene esaminato per rilevare se è portatore di anomalie genetiche o cromosomiche. Questo passaggio può richiedere una settimana o più.
3. Gli embrioni non portatori di alcun disturbo genetico o cromosomico possono essere trapiantati nell’utero della donna.
4. Gli embrioni sani rimasti possono essere conservati e congelati per uso successivo o donazione.
Se state considerando di sottoporvi alla PGD, tenete presente che l’intero processo, dalla raccolta delle cellule alla produzione dei risultati, può richiedere diverse settimane di tempo. Dovrete essere pazienti!